La presentazione insieme di VL Consultinvest, Pesaro Rugby, Vis e Volley Pesaro ha fatto riaprire un'ipotesi polisportiva che non trova riscontri nei fatti
@LucianoMurgia
@LucianoMurgia
A volte ritornano... Come le chiacchiere estive sul tempo o sul miglior gelato o la migliore pizza. Parole, parole, parole... canterebbe Mina. Tanto non costano un centesimo e c'è chi sulle parole, sulle promesse raramente mantenute ci costruisce la carriera politica.
Mi ero promesso di non scrivere per qualche tempo di sport, soprattutto a livello locale, per dedicarmi ad altre passioni, a iniziare dalla musica sinfonica. Grazie alla splendida Sagra Musicale Malatestiana di Rimini, la passione è soddisfatta.
Mi ero promesso di non scrivere per qualche tempo di sport, soprattutto a livello locale, per dedicarmi ad altre passioni, a iniziare dalla musica sinfonica. Grazie alla splendida Sagra Musicale Malatestiana di Rimini, la passione è soddisfatta.
Però,
leggendo alcuni articoli dedicati alla presentazione – in programma
giovedì sera – delle quattro squadre pesaresi che rappresentano al
meglio basket, calcio, rugby e volley, ho cambiato idea, almeno per
un giorno.
Per carità,
non è stato scritto che la Victoria Libertas punta a
ingaggiare Danilo Gallinari e la Vis sogna Ibrahimovic, che il Volley
Pesaro vorrebbe riportare in città Sheilla e il Pesaro Rugby ha
avviato una trattativa per firmare Sergio Parisse. Ho letto
semplicemente che si pensa ancora alla polisportiva, e mi è sembrata
– anzi ne sono convinto – l'ennesima mistificazione. Che ormai è
chiara anche ai politici che si erano lanciati in voli pindarici,
organizzando addirittura incontri con le quattro realtà.
Francesca Babbi (Volley Pesaro), foto Ioele |
Allora,
grande entusiasmo, tanto le parole non costano e si fa sempre in
tempo a dimenticarle, a cancellarle. Del resto, l'arte della
politica, soprattutto ai giorni nostri, è dire, annunciare, parlare
per giorni e poi fare... finta di niente...
Mi sono
permesso di scriverlo, allora, lo ribadisco oggi: in una città di
centomila abitanti non si può creare una polisportiva se non a fini
sociali.
Una polisportiva locale può avere solo scopi sociali
Sì, per promuovere lo sport e dare ai giovani l'opportunità di praticare discipline diverse. Il tutto grazie a un impegno volontario di decine e decine di dirigenti, che poi – ribadiamolo – sono la vera forza dello sport italiano, dimenticati da sempre da chi ci governa. Una base di volontari, sostenuti (anche) dal contributo economico delle famiglie per consentire a bambini e bambine, ragazze e ragazzi di praticare lo sport senza, almeno inizialmente, obiettivi agonistici.
Una polisportiva locale può avere solo scopi sociali
Sì, per promuovere lo sport e dare ai giovani l'opportunità di praticare discipline diverse. Il tutto grazie a un impegno volontario di decine e decine di dirigenti, che poi – ribadiamolo – sono la vera forza dello sport italiano, dimenticati da sempre da chi ci governa. Una base di volontari, sostenuti (anche) dal contributo economico delle famiglie per consentire a bambini e bambine, ragazze e ragazzi di praticare lo sport senza, almeno inizialmente, obiettivi agonistici.
Perché
quando si entra in questo tema, arrivano i problemi. L'agonismo, se
si punta a partecipare a campionati nazionali, che siano di alto
livello o di serie inferiori, significa intanto strutture adeguate,
composte non più da semplici volontari, ma anche da esperti
professionisti. E significa formare squadre che prevedano l'ingaggio
anche di tecnici e atleti non locali. E quindi appartamenti in cui
ospitare chi arriva da fuori. E trasferte, quasi sempre in pullman,
talvolta in treno e pure in aereo. E spese mediche preventive e
riabilitative.
Si può
comprendere che i costi lievitino.
Ora, ancor
più in un periodo di vacche magre, dove le istituzioni al massimo
concedono – giustamente, aggiungo, perché dovrebbero occuparsi
soprattutto dello sviluppo dello sport di base, quello che consente
poi di fare risparmi notevoli nei costi per la salute – solo
servizi gratuiti, come l'uso di impianti sportivi di proprietà degli
enti locali, e nel migliore dei casi esercitano un'opera di
persuasione morale nei confronti degli operatori economici perché
intervengano a favore delle società sportive, appare evidente che
ognuna di queste società cercherà di trarre il massimo per le
proprie esigenze.
Ario Costa, president della Vuelle (Foto Danilo Billi) |
Io no. Alzi
la mano chi crede il contrario.
Farebbero lo
stesso, anzi non lo farebbero, dirigenti delle altre realtà.
L'esempio FC Barcelona è una forzatura: lì è il calcio che sostiene le altre attività. Vi sembra possibile in Italia?
In Italia, quando si parla di polisportiva si cita il caso del FC Barcelona, che ha la squadra di calcio, ma anche – a livello professionistico - di basket, calcio a 5, pallamano e hockey a rotelle, mentre in ambito dilettantistico schiera squadre di atletica leggera, hockey su ghiaccio, hockey su prato, rugby, pattinaggio artistico, pallavolo, basket femminile e basket in carrozzina.
Sono socio –
tessera anno 2015 numero 117842 – del F.C. Barcelona e come altri
soci ho contestato – inutilmente - la decisione della precedente
giunta di chiudere l'attività della squadra di baseball.
Il FC
Barcelona è più di una società sportiva, “Mes que un club” è
scritto in una tribuna del Camp Nou. Intanto perché è la massima
espressione della catalanità, in un Paese – la Catalogna – in
cui soffia forte il vento dell'indipendentismo. Poi perché vanta
circa 150.000 soci, che hanno pagato – come chi scrive – 177 euro
per avere la tessera 2015, che non è un abbonamento e non dà
diritto a vedere le partite, ma solo ad avere uno sconto sui
biglietti e su altre iniziative. Attenzione: al contrario di quanto
scrivono molti giornalisti italiani – decisamente disinformati –
i soci non sono azionisti, la tessera non equivale a un'azione:
semplicemente, un socio, un voto. Perché sono i soci che eleggono il
presidente e quindi la giunta direttiva e partecipano alle scelte
fondamentali della società, come quella di realizzare o meno un
nuovo stadio.
I soci del
Barça,
residenti in tutto il mondo, come confermato dal recente censimento
(2013), portano ogni anno nelle casse della società polisportiva
circa 25 milioni di euro, perché i minori non versano 177 euro.
Facile capire che con questa cifra si paga sì e no l'ingaggio di
Messi.
Le entrate
sono sponsorizzazioni, soprattutto diritti televisivi e incassi. Con
questi ricavi vengono finanziate le altre discipline, che a loro
volta possono avere sponsor “personali”. Ad esempio, la squadra
di basket non ha come sponsor la Quatar Airways, ma la Lassa, azienda
che produce pneumatici. E per avere un bilancio che consenta di
ingaggiare giocatori di valore, è fondamentale il contributo della
casa madre, la squadra di calcio.
Domanda:
secondo voi è possibile in una realtà italiana? Di più: pesarese?
Ci aveva
provato, in passato, la Fiat a Torino, sostenendo l'atletica e –
attraverso altre aziende – la pallavolo, ma anche altre discipline
dilettantistiche. Altrettanto Fininvest, ovvero Berlusconi, che al
Milan aveva aggiunto pallavolo, hockey su ghiaccio e rugby. Ma
nell'ottica berlusconiana lo sport non rendeva e la polisportiva
Mediolanum chiuse presto.
L'unica possibilità - oltre al comune sponsor tecnico per scelta aziendale - è dare vita a servizi utili a tutte le realtà
L'unica possibilità - oltre al comune sponsor tecnico per scelta aziendale - è dare vita a servizi utili a tutte le realtà
Esempi che
dovrebbero indurre chi scrive e chi parla a sproposito a meditare le
parole. Anche se viviamo in tempi di Pifferai Magici, al
massimo è consentito condividere sponsor tecnici (e non credo sia
una scelta delle quattro società, ma dell'azienda) e magari anche
servizi comuni, dalle biglietterie ai trasporti e altro ancora che in
questo momento non ho in mente. Niente di più.
Per creare
una polisportiva non servirebbero neppure 10.000 soci che versassero
100 euro a testa, con benefici tipo quelli del Barcelona, per un
incasso di 1 milione di euro da dividere fra le quattro realtà.
Ricordo che qualche anno fa, quando Scavolini lasciò la
sponsorizzazione e la proprietà della Vuelle, promossi una raccolta
di fondi per aiutare i nuovi dirigenti: raccogliemmo meno di 10.000
euro...
In
conclusione, un applauso alla Erreà e a Prodi Sport, che rendono
possibile un momento di condivisione, giovedì sera, con la
presentazione delle quattro squadre che rappresentano Pesaro nel
basket, nel calcio, nel rugby e nella pallavolo, ma per carità
lasciate perdere il discorso polisportiva. E' una perdita di tempo,
un parlare da sprovveduti, da Pifferai Magici, da venditori di fumo.