Tante belle voci, quelle di Cecilia Molinari e Salome Jicia regalano emozioni
@LucianoMurgia
Lo
scorso 27 gennaio, in un articolo dedicato ai Cheap Wine, eccellenza
musicale pesarese apprezzata nel mondo dai veri intenditori, dai
critici non legati alle case discografiche, avevamo spiegato perché
appuntidisport.blogspot.it avrebbe dedicato spazio anche alla
musica...
“Non
solo sport. Anche musica. Perché la musica è il cibo dell'anima. E
aiuta a rendere la vita più bella. Come lo sport”.
E
che vita sarebbe senza la musica?
Oggi
siamo lieti di raccontare uno degli appuntamenti più importanti
ospitati da Pesaro: il concerto finale degli allievi dell'Accademia
Rossiniana. Si è tenuto lunedì sera nel consueto spazio del Teatro
Sperimentale. Abbiamo anticipato il racconto già lunedì sera, alla
fine della prima parte, e in nottata. Due brevi note su Facebook per
sottolineare che grandi protagoniste del concerto erano state le voci
femminili. Tutto questo senza niente togliere all'impegno degli
uomini.
Prima
di entrare nel merito della serata, un titolo che è breve sintesi:
Alcune
belle voci e qualche maleducato
I
maleducati li lasciamo a fondo articolo, come meritano. Le belle voci
appartengono al mezzosoprano italiano Cecilia Molinari e al soprano
georgiano Salome Jicia. Non solo loro, in verità, perché sono
piaciute – molto – anche Federica Di Trapani e Ruth Iniesta,
soprano. E con loro i tenori Rubén Pérez Rodriguez e Xu Xiang, il
baritono Sundet Baigozhin e il basso Alessandro Abis.
Non
che gli altri protagonisti (Carlo Checchi, Pablo Ruiz, Carmen
Buendia, Vincenzo Nizzardo, Kaori Nagamachi, Sunnyboy Dladla,
Giuseppina Bridelli, Shi Zong, Shirin Eskandani e Leslie Visco) non
siano stati apprezzati, avendo mostrato qualità che aiuteranno nella
loro carriera, ma le emozioni più grandi le abbiamo provate
ascoltando Cecilia Molinari e Salome Jicia.
Il
mezzosoprano nata a Riva del Garda, che nel recente passato ha fatto
incetta di premi (nel 2013 il Premio Nazionale delle Arti, nella
sezione lirica, organizzato dal Miur, il Bel Canto Prize “Rossini”
a Wilbad, in Germania, il Premio “Luciano Pavarotti Giovani”) ha
conquistato il pubblico con un magistrale interpretazione della
Cavatina di Falliero “Se per l'Adria il ferro strinsi”.
Ascoltandola in Falliero, il ricordo è andato al 1986, alla sublime
Marilyn Horne, ma anche alla bravissima Martine Dupuy (1989). Il
paragone più immediato, però, è a Daniela Barcellona, una stella
del belcanto lanciata da Pesaro, dal Rof. A Cecilia il compito di
confermare le grandi premesse, con una convinzione: ha tutto, ma
davvero tutto, per conquistare il mondo.
Che
sembra già nelle mani di Salome Jicia, soprano georgiano che
eseguendo la Cavatina di Semiramide “Bel raggio lusinghier” ha
riportato la memoria al 1992, bicentenario rossiniano, quando, sul
podio Alberto Zedda, il regista Hugo De Ana allestì una Semiramide
il cui ricordo regala ancora brividi. A dare voce a Semiramide fu
Iano Tamar, soprano georgiano. Dunque...
Salome
non è un'allieva, non è il futuro, è già il presente. E che
presente!
Federica
Di Trapani e Ruth Iniesta hanno confermato che l'edizione 2015
dell'Accademia Rossiniana sarà ricordata per la bravura dei soprani.
Federica ha interpretato con grande classe l'aria della Comtesse “En
proie à la tristesse” da Le Comte Ory. Ruth ha affascinato il
pubblico con l'accattivante aria di Folleville “Partir, Oh ciel!
Desio” dal Viaggio a Reims. Con tanto cognome, ci aspettavamo un
grande gol. Forse Ruth ha voluto strafare, con l'acuto finale
diventato un calcio di rigore battuta di... tacco. Ma è davvero
brava e sarà un grande piacere ascoltarla, il 14 e 17 agosto, ne Il
viaggio a Reims.
E
sarà un piacere ascoltare tutti, a iniziare dal tenore sudafricano
Sunnyboy Dladla, che conferma un'unicità del Rof, dell'Accademia
Rossiniana: aprire le porte al mondo.
In
verità, abbiamo una convinzione: la scoperta di nuove grandi voci
sarà il futuro del Rossini Opera Festival, che ha proposto
praticamente tutto del Cigno, come da programma dell'edizione 2015,
che vede la riproposizione di opere già viste più volte, ma con
voci spesso nuove, a iniziare dagli ex allievi della straordinaria
scuola inventata dal maestro Alberto Zedda, che anche lunedì sera si
è entusiasmato per i suoi allievi.
La
“città della musica” grande assente al concerto
Detto
che il pubblico è stato più numeroso che nell'edizioni passate,
ancora una volta abbiamo toccato con mano che la pubblicità “Pesaro
città della musica” è una mistificazione. Alle ore 20,12, quando,
con il solito ingiustificabile ritardo, è iniziato il concerto, in
sala abbiamo contato meno di 150 persone. Poche, troppo poche per un
appuntamento di così grande valore artistico che dà la possibilità
di scoprire in anticipo nuove grandi voci destinate a segnare il
futuro del belcanto. In sala, nessuna traccia di rappresentanti delle
istituzioni, che ovviamente attendono le prime e le cene per sfilare.
Ma se si annuncia, anzi si impone nella segnaletica stradale che
Pesaro è città della musica, bisognerebbe confermarlo con la
propria presenza. In sala, invece, tanti addetti ai lavori, diversi
stranieri, e pochi pesaresi, se si escludono alcune signore eleganti
negli abiti e nei sentimenti, vere appassionate della bella musica,
del belcanto.
Dicevamo
dei circa 150 spettatori. Altri si sono aggiunti durante il concerto,
malgrado fosse vietata l'entrata durante le esecuzioni dei singoli
brani. Appare evidente che chi lavora al Rof si senta in diritto di
fare quel che gli pare. Anche di disturbare, vociando durante il
concerto, dimostrando scarsa educazione e nessun rispetto per gli
altri spettatori e ancor più per i giovani cantanti. Voci più
fastidiose dello squillo del solito telefono cellulare lasciato
acceso.