lunedì 7 settembre 2015

POLISPORTIVA PESARO, TANTE PAROLE MA NESSUN FATTO

La presentazione insieme di VL Consultinvest, Pesaro Rugby, Vis e Volley Pesaro ha fatto riaprire un'ipotesi polisportiva che non trova riscontri nei fatti

@LucianoMurgia
A volte ritornano... Come le chiacchiere estive sul tempo o sul miglior gelato o la migliore pizza. Parole, parole, parole... canterebbe Mina. Tanto non costano un centesimo e c'è chi sulle parole, sulle promesse raramente mantenute ci costruisce la carriera politica.
Mi ero promesso di non scrivere per qualche tempo di sport, soprattutto a livello locale, per dedicarmi ad altre passioni, a iniziare dalla musica sinfonica. Grazie alla splendida Sagra Musicale Malatestiana di Rimini, la passione è soddisfatta.
Però, leggendo alcuni articoli dedicati alla presentazione – in programma giovedì sera – delle quattro squadre pesaresi che rappresentano al meglio basket, calcio, rugby e volley, ho cambiato idea, almeno per un giorno.
Per carità, non è stato scritto che la Victoria Libertas punta a ingaggiare Danilo Gallinari e la Vis sogna Ibrahimovic, che il Volley Pesaro vorrebbe riportare in città Sheilla e il Pesaro Rugby ha avviato una trattativa per firmare Sergio Parisse. Ho letto semplicemente che si pensa ancora alla polisportiva, e mi è sembrata – anzi ne sono convinto – l'ennesima mistificazione. Che ormai è chiara anche ai politici che si erano lanciati in voli pindarici, organizzando addirittura incontri con le quattro realtà.
Francesca Babbi (Volley Pesaro), foto Ioele
Ricorderete: se ne era parlato nella primavera-estate del 2014, insomma, prima e dopo la campagna elettorale che aveva visto importanti sportivi a sostegno delle liste di Matteo Ricci, eletto con una valanga di voti nuovo sindaco di Pesaro.
Allora, grande entusiasmo, tanto le parole non costano e si fa sempre in tempo a dimenticarle, a cancellarle. Del resto, l'arte della politica, soprattutto ai giorni nostri, è dire, annunciare, parlare per giorni e poi fare... finta di niente...
Mi sono permesso di scriverlo, allora, lo ribadisco oggi: in una città di centomila abitanti non si può creare una polisportiva se non a fini sociali.

Una polisportiva locale può avere solo scopi sociali

Sì, per promuovere lo sport e dare ai giovani l'opportunità di praticare discipline diverse. Il tutto grazie a un impegno volontario di decine e decine di dirigenti, che poi – ribadiamolo – sono la vera forza dello sport italiano, dimenticati da sempre da chi ci governa. Una base di volontari, sostenuti (anche) dal contributo economico delle famiglie per consentire a bambini e bambine, ragazze e ragazzi di praticare lo sport senza, almeno inizialmente, obiettivi agonistici.
Perché quando si entra in questo tema, arrivano i problemi. L'agonismo, se si punta a partecipare a campionati nazionali, che siano di alto livello o di serie inferiori, significa intanto strutture adeguate, composte non più da semplici volontari, ma anche da esperti professionisti. E significa formare squadre che prevedano l'ingaggio anche di tecnici e atleti non locali. E quindi appartamenti in cui ospitare chi arriva da fuori. E trasferte, quasi sempre in pullman, talvolta in treno e pure in aereo. E spese mediche preventive e riabilitative.
Si può comprendere che i costi lievitino.
Ora, ancor più in un periodo di vacche magre, dove le istituzioni al massimo concedono – giustamente, aggiungo, perché dovrebbero occuparsi soprattutto dello sviluppo dello sport di base, quello che consente poi di fare risparmi notevoli nei costi per la salute – solo servizi gratuiti, come l'uso di impianti sportivi di proprietà degli enti locali, e nel migliore dei casi esercitano un'opera di persuasione morale nei confronti degli operatori economici perché intervengano a favore delle società sportive, appare evidente che ognuna di queste società cercherà di trarre il massimo per le proprie esigenze.
Ario Costa, president della Vuelle (Foto Danilo Billi)
Ce lo vedete voi l'incaricato della Victoria Libertas che gira l'Italia per trovare aiuti economici e la sera, quando torna a Pesaro, si siede a tavola con le altre realtà e divide quanto appena “conquistato”?
Io no. Alzi la mano chi crede il contrario.
Farebbero lo stesso, anzi non lo farebbero, dirigenti delle altre realtà.

L'esempio FC Barcelona è una forzatura: lì è il calcio che sostiene le altre attività. Vi sembra possibile in Italia?

In Italia, quando si parla di polisportiva si cita il caso del FC Barcelona, che ha la squadra di calcio, ma anche – a livello professionistico - di basket, calcio a 5, pallamano e hockey a rotelle, mentre in ambito dilettantistico schiera squadre di atletica leggera, hockey su ghiaccio, hockey su prato, rugby, pattinaggio artistico, pallavolo, basket femminile e basket in carrozzina.
Sono socio – tessera anno 2015 numero 117842 – del F.C. Barcelona e come altri soci ho contestato – inutilmente - la decisione della precedente giunta di chiudere l'attività della squadra di baseball.
Il FC Barcelona è più di una società sportiva, “Mes que un club” è scritto in una tribuna del Camp Nou. Intanto perché è la massima espressione della catalanità, in un Paese – la Catalogna – in cui soffia forte il vento dell'indipendentismo. Poi perché vanta circa 150.000 soci, che hanno pagato – come chi scrive – 177 euro per avere la tessera 2015, che non è un abbonamento e non dà diritto a vedere le partite, ma solo ad avere uno sconto sui biglietti e su altre iniziative. Attenzione: al contrario di quanto scrivono molti giornalisti italiani – decisamente disinformati – i soci non sono azionisti, la tessera non equivale a un'azione: semplicemente, un socio, un voto. Perché sono i soci che eleggono il presidente e quindi la giunta direttiva e partecipano alle scelte fondamentali della società, come quella di realizzare o meno un nuovo stadio.
I soci del Barça, residenti in tutto il mondo, come confermato dal recente censimento (2013), portano ogni anno nelle casse della società polisportiva circa 25 milioni di euro, perché i minori non versano 177 euro. Facile capire che con questa cifra si paga sì e no l'ingaggio di Messi.
Le entrate sono sponsorizzazioni, soprattutto diritti televisivi e incassi. Con questi ricavi vengono finanziate le altre discipline, che a loro volta possono avere sponsor “personali”. Ad esempio, la squadra di basket non ha come sponsor la Quatar Airways, ma la Lassa, azienda che produce pneumatici. E per avere un bilancio che consenta di ingaggiare giocatori di valore, è fondamentale il contributo della casa madre, la squadra di calcio.
Domanda: secondo voi è possibile in una realtà italiana? Di più: pesarese?
Ci aveva provato, in passato, la Fiat a Torino, sostenendo l'atletica e – attraverso altre aziende – la pallavolo, ma anche altre discipline dilettantistiche. Altrettanto Fininvest, ovvero Berlusconi, che al Milan aveva aggiunto pallavolo, hockey su ghiaccio e rugby. Ma nell'ottica berlusconiana lo sport non rendeva e la polisportiva Mediolanum chiuse presto.

L'unica possibilità - oltre al comune sponsor tecnico per scelta aziendale - è dare vita a servizi utili a tutte le realtà

Esempi che dovrebbero indurre chi scrive e chi parla a sproposito a meditare le parole. Anche se viviamo in tempi di Pifferai Magici, al massimo è consentito condividere sponsor tecnici (e non credo sia una scelta delle quattro società, ma dell'azienda) e magari anche servizi comuni, dalle biglietterie ai trasporti e altro ancora che in questo momento non ho in mente. Niente di più.
Per creare una polisportiva non servirebbero neppure 10.000 soci che versassero 100 euro a testa, con benefici tipo quelli del Barcelona, per un incasso di 1 milione di euro da dividere fra le quattro realtà. Ricordo che qualche anno fa, quando Scavolini lasciò la sponsorizzazione e la proprietà della Vuelle, promossi una raccolta di fondi per aiutare i nuovi dirigenti: raccogliemmo meno di 10.000 euro...

In conclusione, un applauso alla Erreà e a Prodi Sport, che rendono possibile un momento di condivisione, giovedì sera, con la presentazione delle quattro squadre che rappresentano Pesaro nel basket, nel calcio, nel rugby e nella pallavolo, ma per carità lasciate perdere il discorso polisportiva. E' una perdita di tempo, un parlare da sprovveduti, da Pifferai Magici, da venditori di fumo.