ALLENATORI E CAPITANI RACCONTANO UNA SFIDA TRA AMICI CHE VOGLIONO VINCERE
@LucianoMurgia
Due
“draghi” del campo, altri due della panchina. In verità, uno,
Nikola Grbic, è alle sue prime esperienze da allenatore, dopo avere
dominato la scena sui campi di gioco, giocando stagioni in Italia.
Era
arrivato in punta di piedi, se è possibile affermarlo per un serbo
orgoglioso – come tutti i serbi - fino al midollo. All'inizio era
semplicemente il fratello minore del grande Vladimir, atleta ricco di
eccessi, in tutti i sensi. Lo portò in Italia la Gabeca Montichiari,
aveva 21 anni; era la stagione 1993/94. poi, tra Catania, ancora
Montichiari, Cuneo, Treviso, Milano, Piacenza, Trento, ancora Cuneo,
si è fermato un ventennio. Una stagione ancora da protagonista, a
Kazan, l'offerta della Sir Perugia di saltare il fosso. Da allenatore
in campo ad allenatore in panchina. Non è andata bene. La società
umbra lo ha sostituito con Daniel Castellani. Da qualche settimana,
Nikola pensa solo alla Serbia, alla Nazionale del suo paese, di un
paese dove – è vero - è nato Nole Djokovic, simbolo dello sport
individuale, il tennis, i giovani sembrano nascere e crescere
pensando solo agli sport di squadra. Una paese così picco, eppure
così forte nel basket, nel volley, nella pallanuoto. E chissà cosa
combinerebbero nel calcio se ricordassero di unire all'indiscutibile
talento – sono o non sono i brasiliani d'Europa? - il raziocinio,
il rispetto delle regole...
Se
Nikola Grbic è alle prime esperienze, Mauro Berruto, torinese di 46
anni, cuore granata (chissà che per una sera, sabato 6 giugno, non
sia anche cuore blugranata), vanta una vita in panchina, in Italia e
all'estero (Finlandia e Grecia) e – in azzurro dal 2014 – una
medaglia di bronzo olimpica, due argenti europei, due bronzi nella
World League.
Insomma,
un “drago”, come è un “drago” Nikola Grbic. E se sono
draghi i due allenatori, chi è più drago dei capitani di Italia e
Serbia? Dragan Travica e Dragan Stankovic.
Quattro
grandi protagonisti alla presentazione di Italia – Serbia, che si
gioca alle ore 20,30 (non più alle 20,40) di venerdì sul taraflex
allestito nell'Adriatic Arena, la cui sala stampa ha ospitato la
presentazione dell'evento, valido per la seconda giornata, terza
partita, della World League 2.
“Nel
primo week-end, l'Italia ha vinto entrambe le partite; noi abbiamo
conquistato solo un punto. E ovvio che noi – ha esordito Dragan
Stankovic, una vita alla Lube Macerata – faremo tutto il possibile
per vincere almeno una partita tra Pesaro e Bologna (domenica; ndr).
In questo momento è fondamentale guadagnare almeno tre punti. Se
l'Italia conquistasse due successi, sarebbe quasi qualificata alla
Final Six. Per questo motivo, credo che punteranno a fare il pieno
con noi. Conosciamo molto bene, forse anche troppo bene, l'Italia, e
questo ci aiuta, ma allo stesso tempo può crearci problemi in certe
situazioni. Il nostro primo compito è pensare a cosa accade nella
nostra metà del campo e di fare le cose al meglio, soprattutto
giocare aggressivi e dare il massimo delle nostre attuali
possibilità. In particolare a inizio di ogni set. Che poi è quel
che ci è mancato la scorsa settimana, nella seconda partita in
Brasile. Magari abbiamo giocato così male i primi due set della
seconda partita perché siamo scesi in campo alle 10 del mattino.
Adesso abbiamo due occasioni per dimostrare che è stato solo un
caso”.
Dal
capitano serbo, Dragan Stankovic, al capitano azzurro, Dragan
Travica.
“Veniamo
da un fine settimana positivo, con due vittorie, ma, pur con il
massimo rispetto, l'Australia non è la Serbia. Ci presentiamo a
questo appuntamento con grande entusiasmo perché giochiamo in casa.
Non lo, facciamo da un anno, ed è sempre emozionante scendere in
campo davanti ai nostri tifosi, nella nostra terra. La tensione è
quella giusta, e così il feeling del debutto, che per alcuni di noi
è assoluto, mai avendo indossato questa maglia in Italia.
Tecnicamente, la Serbia ha un tasso superiore all'Australia. Per noi
è un'occasione bellissima per capire a che punto siamo, dove
possiamo arrivare, quanto lavoro dobbiamo fare per presentarci nel
migliore dei modi agli appuntamenti che ci attendono, soprattutto a
quelli che contano. In Australia non siamo stati bellissimi da
vedere, però l'approccio è stato giusto e non è mancato
l'entusiasmo. Fin dall'inizio ci siamo detti che l'entusiasmo deve
essere la benzina del nostro motore. Non va dimenticato che durante
la World League, tra lunghi viaggi e due partite ogni settimana, il
tempo per allenarci è limitato.Così è necessario gestire le forze,
ma non c'è niente di meglio che andare in campo e giocare partite
ufficiali, contro squadre di alto livello. Non vediamo di vedere la
nostra gente accanto a noi”.
Nikola
Grbic ha una filosofia importante, che ricorda quella di Julio
Velasco.
“Finche
le condizioni sono uguali per tutti non c'è da lamentarsi. La World
League è un torneo particolare: ci si allena poco, si viaggia tanto,
si gioca tanto. Quando ci si può allenare solo un'ora e mezza al
giorno, è veramente difficile fare un lavoro importante dal punto di
vista tecnico. Noi dico che siamo un cantiere, ma lo staff è
completamente nuovo e abbiamo bisogno di di tempo per vedere
concretizzate le cose che stiamo proponendo. Sono soddisfatto a metà
delle nostre partite in Brasile. La prima l'abbiamo giocata con il
giusto approccio, facendo al 100 per cento quello che ci consentiva
la nostra attuale condizione. Non bene l'approccio alla seconda
partita, tanto che abbiamo perso male i primi due set. Spero che con
l'Italia l'approccio e la concentrazione saranno giuste da subito”.
Mauro
Berruto apre il suo intervento con un cordiale saluto agli avversari
di venerdì e domenica.
“Il
mio benvenuto agli amici serbi. Amici davvero. Quando si incontrano
queste due nazionali, lo si diceva prima, c'è un livello di
conoscenza tecnica ma anche personale profondo. E' un vero piacere.
Per quanto riguarda la domanda sullo stato dell'arte, rispondo che la
World League è una manifestazione difficile, ma allo stesso tempo
bellissima. E' l'unica manifestazione che mette di fronte alla
soluzione dei problemi. Domenica scorsa la Serbia era in Brasile,
l'Italia in Australia, oggi siamo qui, a Pesaro, dove ci alleniamo in
vista di una gara che arriva fra poche ore. Quando ho presentato la
stagione 2015, ho parlato di un obiettivo più grande: riappropriarci
dell'identità di questa squadra, che era molto chiara e molto forte
e abbiamo smarrito – non vogliamo dimenticarlo - nell'ultima
manifestazione giocata (lo scorso anno, non solo con il 14° posto
finale nel Mondiale polacco; ndr). Queste di Pesaro e Bologna sono le
prime due partite in Italia, pertanto valgono il triplo. Non saremo
ancora perfetti, così come non lo sarà la Serbia e le altre
squadre, però ho in testa una cosa: come diceva Travica, in
Australia non siamo stati bellissimi, ed è vero, però mi sono
sentito molto bene osservando l'atmosfera, ma anche l'identità della
Nazionale che inizia un nuovo cammino. L'avvio di World League mi ha
dato una bellissima notizia. Da questo doppio impegno con la Serbia,
mi aspetto che vengano riproposte a chi vorrà vederci”.
Grbic
presenta la sua Serbia.
“E'
composta da giocatori che sono in Nazionale da un paio d'anni. Da un
paio di giorni la rosa è al completo (con l'arrivo del modenese
Nemanja Petric, in particolare; ndr). A livello fisico non siamo al
massimo e, ad essere sincero, se lo fossimo, mi sarei preoccupato. In
considerazione delle condizioni, io chiedo ai miei ragazzi di dare
sempre tutto quello che hanno. Se in questo momento non è abbastanza
per vincere, pazienza. Mi preme molto, però, il tipo d'approccio”.
Mauro
Berruto pensa all'esordio nelle Marche, con un grande obiettivo: il
2016.
“Abbiamo
di fronte a noi due anni e soprattutto una cosa gigantesca: i Giochi
Olimpici. Nel 2011, Franco Brasili (presidente della Fipav regionale;
ndr) mi portò nelle Marche, era il 2 giugno 2011, festa della
Repubblica. Ricordo quell'esordio in Italia con un'emozione pazzesca.
Fu una bellissima partita, in un bellissimo contesto, arrivò una
bellissima vittoria (3-0 a Cuba; ndr). Tengo stretti tutti i ricordi
di questi meravigliosi 4 anni, le cose belle e quelle dolorose. Ora
ripartiamo dalle Marche. Allora era Ancona, oggi è Pesaro, ma sempre
nelle Marche, una regione che è patrimonio della pallavolo, un
tesoretto messo a disposizione del movimento. Sono felicissimo di
essere qui e mi auguro che vada a finire, se fosse possibile, come
l'altra volta (Grbic sorride, ovviamente in disaccordo con l'amico;
ndr), che si ripeta anche il seguito. Da Ancona partì un percorso
straordinario che ci ha portato sul podio olimpico, a Londra. Non so
quante sono le mie panchina in Nazionale, se sono alla 120° o alla
130° partita, mi piace pensare che sia di nuovo la prima, in
Italia”.
Berruto
e la scelta dei giocatori che disputano la World League... un
rapporto romantico.
“Durante
la World League, ogni minuto può fare la differenza. La percezione
del tempo è come quando si è innamorati: ci sono momenti che volano
via e altri in cui le distanze sembrano infinite. Ci sono atleti che
arrivano da situazioni diverse, sia per quanto riguarda il campionato
sia per la Nazionale. Li mettiamo insieme, ma 14 li troviamo...”.
Grbic
non ha questo problema.
“In
squadra ci sono tutti gli atleti a mia disposizione”.
A
proposito, in altri sport ci sono atleti che rinunciano, che non
vanno volentieri in Nazionale. Da voi?
“Non
ho incontrato mai questo problema – risponde Grbic -. In Giappone
c'è una regola che ogni pallavolista può applicare: se vuoi giocare
in Nazionale, firmi il modulo e lo presenti all'allenatore, che
accetta. Penso che se uno non vuole stare in Nazionale, se ne fa a
meno. Non mi è passato mai in mente di obbligare qualcuno. E' chiaro
che se uno dice sì, accetta alle condizioni della Nazionale, non
alle proprie. Ci alleniamo, viaggiamo, giochiamo, viviamo insieme con
regole che valgono per tutti. Se ti vanno bene, sei con noi,
altrimenti resta pure a casa. Ci saranno altri sei giocatori pronti a
prendere il tuo posto. Capisco, però, venendo da tanti anni da
giocatore, quanto sia importante lasciare un po' di tempo libero, un
periodo di riposo, dopo i tanti impegni di una stagione”.
“Voglio
essere sincero – aggiunge Berruto -: questa situazione si è
verificata. Sono alla quinta stagione da ct e ho scelto tanti atleti.
Tantissimi gli esordienti in azzurro. Il mio lavoro è scegliere
sulla base di alcuni elementi a disposizione. Ci sono quelli legati
alla tecnica, alla tattica, alla fisicità, ma ho deciso – in
questa ripartenza – che uno dei parametri fosse la pelle. Se vedo
ancora i brividi, ci siamo. Se non li vedo, lascio perdere. E' una
condizione imprescindibile per fare parte della Nazionale. Questa è
una squadra che ha una storia straordinaria. Noi abbiamo scritto un
pezzetto di questa storia e ai miei atleti ho detto e ripetuto che
noi non siamo i proprietari di questa maglia, ma solo custodi. E' una
maglia che ci viene affidata, con tutta la sua bellezza, figlia di
una storia passata e presente. In questo momento sono perfettamente
certo che i 16 che ho scelto, ma anche gli altri che non sono a
Pesaro e stanno lavorando a Roma, li ho scelti perché ho visto i
brividi sulla loro pelle”.
Nessun commento:
Posta un commento