lunedì 5 ottobre 2015

"ALEX SCHWAZER, UN ATLETA RITROVATO"

RIVEDERE ALEX MARCIARE, UNA GRANDE EMOZIONE

@LucianoMurgia
Rivederlo marciare è stata una grande emozione. Una doppia grande emozione.
Il bambino tifoso con la maglia Forza Alex
La prima me l'ha regalata un bambino che si è presentato alla partenza, all'altezza del civico 124 di Via Valtrompia, nel quartiere Sacco Pastore, indossando una maglietta bianca su cui aveva scritto, con il pennarello, Forza Alex. L'immagine mi ha ricordato un giornalista-tifoso più attempato che la mattina di sabato 11 agosto 2012 si presentò davanti a Buckingham Palace, a Londra, dove si disputava la 50 chilometri di marcia dei Giochi Olimpici, esibendo una bandiera tricolore con la scritta Forza Alex. Non era un incoraggiamento all'atleta, fermato per doping pochi giorni prima, lunedì 6 agosto, ma alla persona, all'amico, che pure era diventato il diavolo dell'atletica leggera italiana.
Londra, 11 agosto 2012: una bandiera per incoraggiare Alex 
Quel giorno, doveva essere la “gara di Alex”. Da quel giorno, Alex non ha marciato più, fermato da una squalifica di 3 anni e 6 mesi prima e di ulteriori 3 mesi dopo.
Non ho certezze, potrei sbagliare, ma non ricordo una squalifica più lunga.
Oh, si badi bene, Alex è colpevole, ha commesso il più grave dei peccati che può commettere uno sportivo, secondo solo a chi vende le gare scommettendo sulle proprie sconfitte o sulle sconfitte della propria squadra, ma 3 anni e 9 mesi sono tanti, tantissimi, anche se so bene che molti – compresi sportivi famosi – hanno invocato l'ergastolo, sollecitando i giudici a chiuderlo in una cella e a gettare le chiavi nel cesso.
La seconda emozione l'ho provata rivedendolo, dopo questi lunghi anni. In un attimo ho ripensato a quel lunedì sera. Dormivo, ero stanco, reduce dal primo viaggio a Londra, a seguire la 20 chilometri che lui non aveva fatto. In verità, che non doveva fare. Ricordo bene che ne parlammo con lui e con il suo allenatore di allora, Michele Didoni, una sera fredda a Sankt Moritz, dove Alex stava concludendo la preparazione in altura, finalizzata alla lunga distanza, a quella preferita, la 50 chilometri di cui era campione olimpico in carica. Realizzai le interviste, preparai gli articoli per il sito web di Alex, anticipando che lui, rientrato dalla montagna svizzera, avrebbe trascorso qualche giorno a casa e poi sarebbe andato in Germania, a Oberstdorf, dalla fidanzata Carolina, per rifinire la preparazione.
Scritti gli articoli, andai in vacanza a Carloforte. Prossimo appuntamento, Londra. Mentre ero nella mia spiaggia preferita, mi telefonò Giulia Mancini, la manager, per spiegarmi che c'era un cambiamento di programma, che Alex avrebbe fatto anche la 20 chilometri. Lei – con grande correttezza – non commentò neppure davanti alle mie perplessità. Ricordai che nel 2010, agli Europei di Barcelona, era arrivato secondo nella 20 chilometri, anche se poi la medaglia d'argento diventò d'oro per la squalifica del vincitore, il ventenne russo Stanislav Emel'janov, ma si ritirò dalla 50 chilometri, in programma pochi giorni dopo. Pensai che c'erano state pressioni per farlo gareggiare anche nella 20, nella speranza potesse regalare una medaglia all'atletica azzurra, in grande difficoltà dopo la rinuncia della sfortunata Antonietta Di Martino, la saltatrice in alto possibile medaglia. E andai a Londra.

6 agosto 2012, uno choc

Tornai a Pesaro la sera di domenica 5 agosto, passando dai 18 gradi di Londra ai 36 dell'aeroporto di Falconara. La mattina di lunedì, conferenza stampa di presentazione del Rof, articolo e poi a letto. Ero stanchissimo e spensi il telefono. Al risveglio, quasi sera, trovai decine di chiamate perse e di messaggi da giornalisti che seguono l'atletica leggera, da Giulia Mancini, da mia figlia Alessia che vive a Ravenna. Alessia mi aveva chiamato una decina di volte, fu la prima alla quale telefonai. La sua voce era disperata: “Papà, papà, ma non sai cosa è successo?”. Pensai subito a mia madre, 88enne. Forse era le era successo qualcosa. Ma perché Giulia e i giornalisti? Me lo spiegò mia figlia: “Papà, Schwazer è stato fermato per doping!” urlò Alessia. Fu uno choc violentò, ebbi bisogno di appoggiarmi al tavolo in terrazza. La testa mi girava, ero incredulo, sgomento, inebetito, distrutto. E mi dicevo, egoisticamente: ma come, proprio tu che sei stato sempre un nemico giurato del doping, che non ami i calciatori che si tuffano per rubare un rigore, anche se giocano nella tua squadra, hai scritto un libro e collabori con uno che ti ha detto di odiare il doping e invece si dopa.
Giulia mi invitò alla conferenza stampa di Alex, a Bolzano, mercoledì 8, ma la mattina dopo – come da programma – avevo il volo per Londra, per assistere agli ultimi giorni degli splendidi Giochi organizzati dal comitato presieduto da sir Sebastian Coe, uno dei miei miti sportivi. Ero indeciso: Bolzano o Londra? Pensai che, volo e hotel pagati, fosse giusto Londra per provare a capire meglio cosa stava accadendo. Non riuscii nell'intento, ma grazie all'amico Piero Benelli, medico sportivo della Nazionale maschile di volley, potei assistere alla semifinale tra Italia e Brasile e grazie a una tifosa coreana arrabbiata per la sconfitta della sua squadra acquistai il biglietto per la finale femminile tra Brasile e Stati Uniti d'America. Le partite di volley mi regalarono un po' di serenità. Il dolore lo provai il sabato mattina, assistendo alla 50 chilometri. Anche a Londra non avevo dimenticato Alex.
Ero addolorato per lui, pensando che con lui avevo scritto un libro che non raccontava vittorie o sconfitte, non parlava di sport agonistico, ma del piacere di camminare. "Quelli che camminano", il titolo. Un invito a fare sport partendo dalla base, dal movimento più semplice: camminare. Il libro aveva vinto il Premio Coni perché ritenuto il migliore dell'anno dal punto di vista tecnico. Ero addolorato per me, per i suoi familiari, per la sua fidanzata e i genitori, per tutti lo staff. Ma non potevo dimenticare ciò che ho pensato sempre da quando ho scelto di fare il giornalista sportivo: dentro una maglia non c'è un robot, c'è una persona con i suoi sentimenti, i suoi problemi, le sue difficoltà, anche i suoi demoni, forse. E pure un fatto gravissimo come il doping non può cancellare l'amicizia. Io la chiave non la butto nel cesso, pensai, anche se non cambiavo idea sul non concedere una seconda opportunità a chi sperpera il proprio talento sportivo. Così, in valigia avevo messo una bandiera tricolore, con la scritta Forza Alex.
Potete immaginare, spero, cosa ho provato, domenica pomeriggio, vedendo di nuovo Schwazer marciare e il bambino con la maglietta Forza Alex.
Durante il viaggio in treno verso Roma, una vera e propria toccata e fuga, ho pensato a lungo all'appuntamento e mi sono detto che Alex sta facendo quello che più gli piace, ed è giusto lo faccia, malgrado i troppi moralisti che concedono tutto solo ai calciatori e ad altri sportivi che non sanno cosa sia la fatica di un marciatore. Ho visto Alex lavorare duramente in montagna, allenarsi quotidianamente per 35 chilometri, poi pedalare sulla cyclette. E fare sacrifici incredibili. Per questo trovavo inaccettabile che avesse tentato una scorciatoia, convinto che il suo motore non avesse bisogno d'aiuti esterni, pure in uno sport in cui, osservando la facilità con cui giovani avversari arrivano, vincono e poi spariscono, è facile essere tentati.
Di spalle, il professor Donati, guru dell'antidoping, e Alex Schwazer
Mesi fa, in occasione della presentazione del documentario che Emanuela Audisio ha dedicato a grande Pietro Mennea, l'avvocato Giuseppe Sorcinelli, fanese, compagno di vita e di impegni di Giulia Mancini, mi raccontò – e ne rimasi piacevolmente sorpreso - che Giulia, che è anche manager di Antonio Conte, aveva ideato un progetto di recupero di Alex che coinvolgeva il professor Sandro Donati, consulente della Wada, l'agenzia mondiale contro il doping, il massimo esperto italiano nella lotta al cancro dello sport. E con lui un esperto della marcia qual è Mario De Benedictis. Il tutto sotto l'egida di don Ciotti, il sacerdote in prima linea - con la sua associazione Libera - nella lotta a tutte le mafie, che accolse la notizia con queste parole, rilasciate a Famiglia Cristiana: "Sandro Donati che allena Alex Schwazer è una bella notizia. Speriamo induca altri atleti a uscire dall'ombra, denunciare, riconquistare la propria dignità e libertà".

Come potete notare, se non vi siete stancati di questo lungo racconto, è un susseguirsi di emozioni.

Un quartiere in festa con Alex e per Alex


Ore 16, Via Valtrompia, traversa di Via Nomentana, a pochi centinaia di metri da Piazza Sempione, quartiere popolare di Roma, Sacco Pastore – Espero. Sembra una festa paesana, popolare, nella migliore accezione del termine. In effetti, lo è. Alex mi saluta, lo abbraccio: “Sei dimagrito!”, mi dice. “Cammino come te, anche 20 chilometri, quasi tutti i giorni, e vado in mountain bike...” gli rispondo. Sorride.
Tanti residenti, altrettanti giornalisti, la troupe di RaiNews24 guidata da Novella Calligaris, la prima nuotatrice italiana a vincere una medaglia olimpica, la prima a stabilire un record del mondo. Ed è mia “compaesana”, visto che anche lei (in verità, più di me) trascorre la vacanze nell'isola di San Pietro. Presente Ugo Francica Nava, già voce del basket italiano ed Nba per LA7. Non manca Rai Sport. E chiedo scusa agli altri che non conosco, sono troppo giovani. Incontro Valerio Piccioni, grande firma della Gazzetta dello Sport; esperto di doping e antidoping, di questioni politiche sportive, viene dal basket. Con lui ho seguito gli Europei '89 a Zagabria. Eravamo insieme a Lisbona nell'unica trasferta portoghese della Scavolini di Bianchini.
Si inizia con qualche minuto di ritardo, è saltato l'impianto elettrico e il microfono dello speaker non funziona.
Alex si prepara. Mi sembra più tirato del solito, dico a Giulia, abbastanza agitata, mentre Giuseppe è il solito scrigno di ottimismo; è la sua voce potente a incoraggiare Alex al primo passaggio. Va molto veloce, forse troppo, ma vuole fare bene, ed è giusto così.
Scortato dal professor Donati in mountain bike, preceduto da due ciclisti che gli aprono il passaggio, marcia in un circuito ricavato nel quartiere: 15 giri da 1.333 metri ognuno. Dalle case si sente un urlo, la Roma è avanti 3 a 0 a Palermo. Il traffico è quasi inesistente, ma ogni tanto Alex deve evitare un veicolo. Una signora in tenuta da atletica, finito il suo allenamento, prende posizione e incoraggia il marciatore sudtirolese (se vi siete offesi, correggo subito: altoatesino). Un bassotto abbaia a ogni passaggio. Lo imitano altri cani al seguito di curiosi e tifosi. Cresce l'attesa. Giuseppe informa che Alex sta viaggiando a buon ritmo, sotto 1 ora e 20 di sicuro. Era l'obiettivo? Forse qualcosa in meno.
Un giornalista interista invoca il pareggio del Palermo, qualcuno gli risponde bruscamente. Finiscono le partite, aumenta il traffico. E di conseguenza i problemi. L'avvocato Sorcinelli diventa anche... vigile urbano, smistando i veicoli, agevolando le uscite dal parcheggio. Il ritmo sembra calato, lo sguardo di Alex segnala sofferenza, ma è incoraggiato da adulti e bambini, mentre spuntano decine e decine di telefonini per immortalare l'arrivo. Un boato saluta la fine del test. Alex indossa la maglietta di Libera, che propone la frase, bellissima, di Rosario Livatino, il giudice bambino ucciso dalla mafia: “Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili”.
La maglia dell'associazione Libera che sostiene l'impegno di Alex
Giulia e Giuseppe lo circondano d'affetto, mentre sta per partire l'assalto delle tv. Ci domandiamo tutti quanto abbia impiegato a percorrere 20 chilometri. “1 ora 18 minuti 57 secondi” esclama il professor Donati. Un tempo incredibile, inferiore a quello fatto registrare dal campione mondiale Miguel Angel Lopez lo scorso agosto a Pechino.
Alex conclude la fatica, il pubblico applaude
E' bello, tutto questo, accaduto in un quartiere che lo conosce da tempo e gli vuole bene – commenta il Professore, dopo avere abbracciato l'allievo -. Il suo compito è stato difficile, perché giro dopo giro c'era più gente e alla fine delle partite e in curva ci trovavamo davanti le automobili che obbligavano Alex ad allargare, tanto che alla fine ha marciato 20 chilometri e 90 metri... E' un tempo inferiore a quello di Lopez, ma non fate paragoni, perché i percorsi sono diversi. E' vero, però, che qui c'è la solitudine, mentre lo spagnolo ha vinto una gara vera. Uno svantaggio totale per Alex. Aggiungo che è possibile fare 10 chilometri da soli, come dieci giorni fa a Tagliacozzo; è dura ma si può. Sui 20 è impresa improba. Non sono a conoscenza di altri che abbiano vissuto questa esperienza”.


Sandro Donati, il guru dell'antidoping: “Alex Schwazer, un atleta ritrovato”


Il significato vero da dare al test?
Che Schwazer è un atleta ritrovato”.
Un altro test importante – sottolinea Novella Calligaris – è l'udienza di lunedì della seconda sezione del Tribunale nazionale antidoping del Coni che deve decidere sulla sospensione anticipata della squalifica.
Possiamo contare solo sulle cose che facciamo – risponde Donati -. Lasciamo che i giudici facciano il loro lavoro, noi andiamo avanti per la nostra strada”.
E lui, Alex, cosa pensa? Spera in uno sconto?
Io ho buone speranze di andare forte...”.
Mentre marciava, la seguiva l'intero quartiere: Sacco Pastore – Espero l'ha adottata.
Sono qui da mesi, mi sento a casa, è veramente bello”.
Ci racconta come è andato il test?
A un certo punto ho rischiato di fare un frontale, non so se ve ne siete accorti... Sono felice, penso che questo test concluda bene la prima fase della preparazione... Oggi (domenica; ndr) ho faticato tanto...”.
Lo dice con un lapsus...
Non avevamo preparato questa gara...”. Dice proprio così, gara, come se nella mente e nel cuore avesse solo questo obiettivo: tornare a marciare, in gara, a confrontarsi con tutti, a partire dai migliori.
Si è concluso un ciclo molto lungo, molto pesante. E' stato un test difficile, ma ho controllato bene l'impegno, concludendo con un buon tempo. Vedrete che in gara farò meglio...”.
Ha definito gara il suo test, una conferma della grande voglia di tornare che anima il suo impegno.
Sì, ma ci tenevo a fare bene, davanti a tanta gente, soprattutto a chi vive in questo quartiere e ha fatto tutto il possibile per aiutarci a organizzare questo secondo test, dopo l'ottimo diecimila di Tagliacozzo
La difficoltà di un test solitario s'aggiunge al peso di dovere dimostrare di essere cambiato.
Ho scelto questa via, non è un sacrificio”.
Sabato, Carolina Kostner, la sua ex fidanzata, ha raggiunto un accordo per tornare alle gare. Lei aspetta una sentenza importante...
Non ho obiettivi o speranze per domani. Abbiamo programmato il lavoro come dovessi rientrare il 30 di aprile. Uno sconto mi consentirebbe di fare qualche gara in più, ma non voglio pensarci, perché la decisione non è nelle mie mani. Io posso pensare solo a fare tutto bene, ad allenarmi con il massimo impegno”.


Il mio obiettivo è tornare a gareggiare, andare forte e vincere”


Il fatto che la Fidal, la Federazione Italiana di Atletica Leggera, abbia spostato il termine per la qualificazione olimpica a maggio dandole la possibilità di puntare a Rio è un segnale importante.
Lo dovreste chiedere alla Fidal. Il mio obiettivo è tornare in gara e andare forte, gareggiare per vincere su qualsiasi distanza. Potessi fare le Olimpiadi sarei molto contento, ma in questo momento mi interessa solo andare forte, non voglio pensare ad altro”.
Dopo Tagliacozzo, ma anche durante il test di domenica, qualcuno ha parlato di una marcia non perfetta dal punto di vista regolamentare. Proponiamo, a tal proposito, la definizione di marcia secondo quanto prescritto dall'articolo 1 del regolamento tecnico internazionale, che è facile da consultare anche da giornalisti che s'avventurano in sentieri altrimenti a loro sconosciuti.
1. La marcia è una progressione di passi eseguiti in modo tale che l’atleta mantenga il contatto con il terreno, senza che si verifichi una perdita di contatto visibile (all’occhio umano). La gamba avanzante deve essere tesa (cioè non piegata al ginocchio) dal momento del primo contatto con il terreno sino alla posizione verticale.
Questo il pensiero del professor Donati.
Intanto, chi ha espresso queste osservazioni avrebbe fatto meglio ad attendere qualche giorno e vedere tutta la documentazione sulla prova di Tagliacozzo. Avrebbe capito che nella marcia ad alte velocità è inevitabile, e non c'è atleta che ne sia esente, una fase di sospensione, che deve essere limitata. Questo è il punto. Di più: la regola dice che la fase di sospensione non deve essere visibile a occhio nudo da parte dei giudici. A Tagliacozzo, Alex viaggiava a velocità elevatissima. Nonostante ciò, il suo tempo di sospensione, misurato elettronicamente, come abbiamo fatto anche qui a Roma, era assolutamente nella norma di una gara di 20 chilometri. E lui ne faceva 10, quindi in una marcia più veloce e dinamica. E' evidente che c'è gente a cui questo progetto rode, gente della quale individuo facilmente il passato, appartenendo alla categoria dei “miracolati di Conconi”, lo potete scrivere. La nostra esperienza è destabilizzante, preoccupa...”.
E' vero però – gli è stato detto – che una prova di marcia senza i giudici ha meno credibilità.
Ma siete sicuri che giudici appassionati non abbiamo avuto la voglia di vedere all'opera Alex? Sarebbe meglio contare fino a cento prima di parlare”.
Poco fa, il Tribunale nazionale antidoping del Coni ha respinto la richiesta di riduzione della squalifica.
Parlo al singolare: non avevo dubbi, deboli con i forti, forti con i deboli. Calciatori famosi fermati per doping sono stati squalificati in estate, quando non si gioca. Qualcuno ha dato tutte le colpe a una bistecca, un altro al farmaco usato dalla moglie per dimagrire, un altro ancora a uno shampoo...



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