lunedì 2 marzo 2015

C'ERA UNA VOLTA LA COPPA ITALIA DI BASKET... CHE DIFFERENZA CON LA COPA DEL REY


di LORENZO SCATIGNA
C’era una volta la Coppa Italia, o meglio le Final Four prima e ormai da quasi 2 lustri, le Final Eight di Coppa Italia. Era l’appuntamento-vetrina di metà stagione del nostro massimo campionato, se non il più bello di sicuro quello col più alto tasso tecnico. Sarebbero dovute diventare il fiore all’occhiello della nostra LegaBasket, oggi purtroppo sono lo specchio fedele di quel poco che resta di questa istituzione e del suo campionato: ignorato dalla carta stampata, disertato dagli appassionati, gestito da veri e propri dilettanti allo sbaraglio capaci soltanto, oltre a difendere il loro personale orticello, di mettere in imbarazzo data la pochezza dei contenuti perfino il massimo dirigente, Mangiacotti, della marca di elettrodomestici, Beko, che sponsorizza tutto il basket di vertice in Italia.   E non sto parlando dei contenuti tecnici, ormai un dato di fatto per un campionato alla canna del gas, se si esclude Milano. Meno male che ha vinto Sassari, dimostrando che in partita secca non sempre primeggiano i più forti ma i migliori in quel momento).  Ho aspettato ben sette giorni prima di scriverne, volevo leggere i soliti trionfalismi degli organizzatori, per poi poter immedesimarmi nella solita "questura", con dati di partecipazione ampiamente e decisamente ridimensionati. Ma devo dire che stranamente, o forse perché negare l'evidenza per questa edizione era francamente impossibile, non ho letto né di pavoneggiamenti sulle proprie brave né di successo della manifestazione. Probabilmente sarà stato Mangiacotti stesso (uomo di numeri e di fatturati, in poche parole uno abituato  a pagarla in prima persona se non produce certe cifre) ad impedire che venissero fatti trionfalissimi sui dati miseri di questa Coppa Italia. Peggio dell'edizione di quest'anno non si poteva proprio fare. E credetemi: non è colpa del difficile momento economico, la crisi è di idee e di uomini, inteso come dirigenti: il basket italiano sta producendo eccellenti llenatori (forse i migliori al mondo), ottimi giocatori, interessanti dirette televisive con implicazioni del social media, general manager sempre più preparati sui campionati esteri minori e capaci di riempire i nostri vetusti palasport, ma non è capace di produrre, o meglio di proporre, dirigenti vertice, sia federale che di Lega. Siamo alle solite insomma. Niente di nuovo.
Vediamo di fare ordine e cercare pur di iniziare da qualche parte. I due soggetti organizzatori di Coppa Italia di Pallacanestro sono la LegaBasket ed Rcs MediaGroup (primo gruppo editoriale italiana con CorSera e Gazzetta). La prima è quella che qualche anno addietro, sotto la presidenza-fantoccio di Valentino Renzi, presidente senza poteri (il vero presidente ombra era l'eminenza grigia Ferdinando Minucci, ora caduto in disgrazia per le note vicende giudiziarie), ma dallo stipendio consistente, diede in appalto l'organizzazione di tutti gli eventi della Lega ad Rcs con contratto pluriennale. Ora la Lega è governata da un presidente, Fernando Marino, che casualmente è anche presidente di Brindisi (come si chiama quella parola lì che in Italia negli ultimi 20 anni devo averla sentita altre volte? Ah, sì, conflitto di interessi), ormai silurato e sfiduciato già da qualche mese da tutti i presidenti (oh, ma una figura esterna, forte, capace e di grande prestigio come presidente, nooo?), che di importante anche lui ha solo lo stipendio (sic!) e rimpolpata da funzionari disfunzionali (come il responsabile della comunicazione (evito di fare nomi in questo caso), solerte signorsì per tutte le presidenze, ma personaggio più incomunicabile di  un film di Antonioni.
Una Lega che ha voluto la presentazione del campionato a casa RCS, nella sede di Gazzetta: più che una presentazione è stata una magnificazione dell’Olimpia Milano e una celebrazione del suo ultimo scudetto (poi per carità, non ci fossero i denari e gli spettatori di Milano in questo campionato staremmo tutti a casa la domenica). Per tutti gli altri un quarto d’ora complessivo è stato ritenuto sufficiente. Una Lega che così facendo si è inimicata tutto il resto della carta stampata, nodo gravoso, il cui disinteresse è preoccupante (tenete aperta questa icona perché poi ci ritorneremo).
Rcs dal canto suo, in questo periodo è tutta presa nel cercare nuovamente di mascherare lo scandalo degli ammanchi milionari che ha coinvolto i suoi massimi vertici dirigenziali di 2 anni or sono e con il lancio della nuovissima Gazzetta Tv, fiammante canale sportivo del digitale terrestre che ha visto la luce proprio questa settimana.  

Un tonfo inevitabile, un fallimento reso ancor più fragoroso in comparazione ai nostri vicini iberici, ovverosia dal successo della Copa del Rey, l’omologa manifestazione spagnola, con dati di ascolto clamorosi (10 volte i nostri!! Compara questo: http://www.sportando.com/it/italia/serie-a/153321/beko-final-8-per-sassari-milano-oltre-1percent-di-share.html con questo: http://www.sportando.com/it/europa/spagna/153324/finale-copa-del-rey-154percent-di-share-ascolto-medio-2375900-spettatori.html) ed un successo di pubblico straordinario.
Il grande impianto che ha ospitato la Copa del Rey (da Sportitalia)

Ora una premessa è doverosa: quest'anno la sede della Copa era Gran Canaria (col nuovissimo palasport inaugurato per i Mondiali 2014), splendida località turistico-balneare che oltre al clima favorevole anche a febbraio aveva una discreta squadra tra le 8 finaliste. E questo, sia ben chiaro, in Italia non è replicabile a nessuna latitudine. Ma il successo della Copa del Rey non è soltanto di quest'anno, ma da almeno 8 stagioni. Poi verissimo anche tutto il resto e cioè che quando hai una squadra nazionale seconda al mondo solo alle star Usa, con 6 spagnoli in Nba da protagonisti (Pau Gasol, Marc Gasol, Calderon, Ibaka, Rubio, Mirotic), 3 ex Nba, ora immense stelle europee, nella Liga per scelta propria, soprattutto di natura economica (la "Bomba" Navarro, Rudy Fernandez, Sergio Rodriguez, di salute (Raul Lopez) o di natura personale (l'ex prima scelta Fran Vazquez), una Liga che è diventata il campionato faro in Europa per organizzazione e tasso tecnico, è tutto infinitamente più facile. Inoltre bisogna tenere presente che le finali degli ultimi anni hanno sempre visto protagonista la sfida tra Barcelona e Real Madrid, due club che nel basket italiano, per  tradizione, importanza,  mezzi economici e numero di tifosi sparsi nel territorio nazionale, non esistono. Però anche in Spagna hanno problemi economici con squadre che scompaiono e con club che non riescono a fare fronte al pagamento degli emolumenti. Loro però hanno strumenti, ma soprattutto uomini, volontà e idee per superarli.
E dire che gli spagnoli, per realizzare un evento clamoroso come è oggi la loro Copa del Rey, sono venuti a vederci, a copiarci, circa dieci anni fa. Ma non venivano a Casalecchio o al PalaFiera di Forlì ad osservare le pur belle, coinvolgenti ed appassionanti Finali di Coppa Italia di basket di quell’epoca (sì anche quelle dato che promettevano bene) ma andavano a Forlì qualche settimana dopo a spiare le Finali di Coppa Italia della pallavolo maschile. Ebbene sì, perché pur se il volley maschile italiano ultimamente è finito abbastanza sotto traccia, continua ad essere molto più avanti in termini di organizzazione e strategia della pallacanestro italiana. Non serviva agli spagnoli andare a vedere un All Star Game della NBA con il suo NBA Jam (una fiera, festa, fan area, villaggio, chiamatela come volete, manifestazione di 4 giorni, a latere, che coinvolge tutto il mondo dell’NBA: la massima espressione del marketing sportivo ed intrattenimento legato alla pallacanestro professionistica americana); bastava copiare la festa del volley nei padiglioni fieristici accanto al PalaFiera di Forlì, vera motivo di intrattenimento e di aggregazione non solo per mini atleti ma per tutte le loro famiglie e chiunque avesse voluto avvicinarsi alla pallavolo.
Ma invece di denigrare solamente (cosa che mi riesce tra l'altro molto bene) vorrei essere costruttivo, proponendo durante l'analisi del fiasco di Desio alternative anche semplicemente seguendo i buoni esempi della Spagna e del volley italiano, cosa che i dirigenti del basket italiano non sono capaci.
Questo è il palasport di Desio, praticamente vuoto, durante una semifinale (da Rai Sport)

Scelta della location e data di comunicazione della stessa: in Italia è stata scelta Desio (sì, avete capito bene: Desio), località decentrata nella campagna brianzola, con carenza di strutture ricettive, un palasport scomodo, mal servito e difficile da raggiungere, fatiscente con metà delle tribune senza seggiolini, ma gradino di cemento (cioè gradinate) a discapito del colpo d'occhio televisivo, soprattutto nelle lime due giornate (deserto il venerdì anche nella partita delle ore 20,30 di Milano. Ma ci torniamo sopra, tranquilli . Scelta dovuta in gran parte al fatto che la struttura è stata concessa in forma gratuita. Al momento i decidere la sede, Novembre 2014 (cioè soltanto 3 mesi e mezzo di anticipo!!!), si sperava che Cantù
e Varese centrassero la qualificazione, garantendo  così grandi affluenze. Purtroppo non è andata così e meno male che Milano è arrivata alla domenica: avesse perso con Avellino (vinta di 2 punti) probabilmente staremmo a piangere qualche suicidio.
In Spagna hanno come abbiamo già premesso la fortuna di avere isole quasi balneabili anche in inverno che hanno appunto anche una squadra di basket di vertice o di avere squadra nobili nelle maggiori città spagnole e da dopo il Mondiale anche palasport meravigliosi, moderni e comodi ma la data e la sede della Copa la Lega spagnola si premura di comunicarla con 13 (dicasi TRE-DI-CI) mesi di anticipo per organizzare al meglio con le amministrazioni ed associazioni turistiche locali il miglior evento turistico sportivo d’Europa. Le strutture ricettive dell’isola avevano fatto registrare il tutto esaurito per la Copa già con 6 mesi di anticipo. Solo il 60% dei biglietti venduti erano stati acquistati da tifosi. Tutto il resto è stato acquistato da appassionati e da famiglie che han deciso di passare un fine settimana di vacanza seguendo il loro sport preferito giocato al massimo livello ed organizzato a regola d’arte. Eh sì, anche perché gli eventi e le manifestazioni collaterali all’evento principale sono numerosissime, i villaggi e le fan area per avvicinare ed intrattenere le persona alla pallacanestro sono appetitosi aree di visibilità per gli sponsor a livello nazionali: una vera vetrina, un evento di marketing sportivo con pochi eguali in Europa. La tematizzazione di una città, la città che diventa evento.
La lega ed RCS sono andati a Desio. Perché no Cosenza allora? Con tutto il rispetto per la città di Cosenza e i loro cittadini.
Branderizzazione (scusatemi il pessimo anglicismo ma tanto esemplificativo e di moda oggi) e scenografia dell’Arena: ecco la cosa che saltava più all’occhio se si faceva zapping tra Rai Sport, cioè la Coppa Italia e le immagini (comunque di bassa definizione) trasmesse da Sport Italia e cioè la Copa del Rey. A Desio si sono concentrate 4 partite nella prima giornata (venerdì): la prima alle 13.00, la seconda alle 15.00 (orari tra l’altro che non si addicono ad un atleta per le sue massime prestazioni in una partita a discapito, come si è evidenziato, dello spettacolo). Mentre in Spagna hanno optato per iniziare un giorno prima (il giovedì) con orari più consoni allo svolgimento di una partita di basket (19.00 e 21.00). Ad assistere alle prime due del venerdì (tra l’altro giocava Brindisi, una delle squadre con la maggiore tifoseria al seguito in trasferta in Italia e l’orario delle 13 per loro era il più penalizzante) c’erano a malapena i parenti dei giocatori, l’aspetto era quello delle amichevoli, col rumore delle scarpe sul parquet e le bestemmie degli allenatori. Ma la sera con Milano non è che sia andata granché meglio. Colpo d’occhio pessimo, tribune di cemento vuote, tubi innocenti e pochissima scenografia. Tra l’altro il PalaBanco Desio presentava degli antiestetici muri tondeggianti, spogli, di cemento, dietro ai canestri ai lati dei tunnel degli spogliatoi. Ecco, brandizzare il palas e coprire questi 4 muri con pvc rettangolari di sponsor, no? Le tendine verticali degli enormi ingressi (ai lati dei muri) marchiarli col logo della Lega come quelle ai tempi delle Finali al PalaFiera di Forlì, brutto? Inoltre bisognava assolutamente ricoprire la parte inferiore di tutte le orribili inferiate nere (tubi innocenti) che separavano i vari settori del palas con striscioni (o pvc) pubblicitari di sponsor o sempre col logo della Lega. E non mi si venga a dire che avrebbero impedito la visione agli spettatori delle prime file dei settori perché io la finale l’ho vista dalla prima fila della gradinata non numerata (che poi era uguale alla tribuna in cemento senza seggiolini) e la visione del campo riguardava la parte superiore delle inferiate.
Vogliamo parlare dell’impianto acustico? il PalaBanco non è dotato di impianto acustico permanente. Hanno allestito 2 casse giganti ai 2 lati del campo da basket opposto alle panchine (sul modello dell’Alexandreio Melathron, il leggendario palazzetto dell’Aris di Salonicco), con pessimi risultati: non si udivano le parole dello speaker, solo un gran frastuono. Roba da oratorio. Ed ancora, i 2 tabelloni elettronici non riportavano i nomi dei giocatori ma in compenso sono stati montati due schermi giganti (neanche troppo) al led in cima alle gradinate, ovviamente parzialmente offuscati dalle teste degli spettatori (per la finale Milano Sassari almeno un 4000 presenza si saranno registrate) ma soprattutto proiettanti le immagine della Rai (notoriamente parca di grafiche con nomi): quindi per un tifoso non proprio conoscitore di tutti i giocatori soprattutto quelli avversari, capire chi avesse realizzato o commesso fallo era un’impresa. Ma il colmo è stato questo: i due schermi erano totalmente senza audio e completamente dipendenti dalle immagine RAI, durante la presentazione delle squadre, non potendo proiettare i nomi o le facce dei protagonisti, mandavano in onda le immagini Rai che in quel momento li trasmettevano, indovinate cosa….., le interviste ai due allenatori. Ovviamente interviste mute. Pazzesco. Roba da non credere.
Ma la pochezza degli organizzatori e dei loro zelanti uomini marketing si desumeva anche dal fatto che di fianco ai 3/4 sponsor istituzionali principali sui led pubblicitari di bordo campo passavano annunci di 2 piccoli sponsor locali ed in una delle 2 lunette del parquet campeggiava la marca di un’altra azienda locale (seppure produttrice di campi da gioco). 
Le immagini che provenivano dalla Spagna ci facevano vedere un arena da quasi 10.000 posti tutti gremiti, un colpo d’occhio spettacolare, led pubblicitari (con sponsor importante, a livello internazionale) e luci ovunque, magnifiche coreografie ed una scenografia degna quasi di un evento NBA. Ma basta fare una comparazione anche veloce fra il sito internet della ACB (le Lega spagnola) e quello della LegaBasket per rendersi conto immediatamente degli anni luce di distanza che han messo tra noi e loro in così poco tempo.
Quindi come si può ben capire e tenendo a mente le premesse fatte prima, non c’è bisogno di cercare ogni anno un’arena sempre più piccola per non sfigurare, oppure scegliere una sede vicina al maggior numero di squadre papabili per una qualificazioni alle Finali per sperare di avere spettatori e di attirare interesse. Per fare sempre il pienone bisogna sapere organizzare un evento, saperlo corredare con manifestazioni, eventi, proporre argomenti e personaggi (ecco che riapriamo l’icona precedente sul preoccupante disinteresse dei giornali, che è fisiologico). Sentire in TV Daniel Hackett - lui sì che è un personaggio, l’unico tra l’altro che è in grado di esprimere la pallacanestro nostrana - augurarsi dopo la loro partita del venerdì che venga gente a vedere la Coppa fa davvero tristezza). Ed a quali orari poi? Si perché ovviamente fino al venerdì non vi era la certezza degli orari di gioco delle semifinali. Ahi, piove sul bagnato. Perché Rai Sport, dotata di ben 2 canali sportivi, non era riuscita a sistemare in palinsesto la diretta integrale (ma solo a partire dalle 18.50 quindi tutto il secondo tempo) della prima semifinale programmata originariamente per le ore 18.00 in nessuno dei due canali tematici. Quindi all’alba del sabato si è deciso di posticipare la prima semifinale alle 18.50 e di conseguenza anche alla seconda, senza il minimo rispetto per il tifoso che ha comprato il biglietto. Siamo sempre più alla frutta.
Chiudiamo con la formula, il vero insuccesso preannunciato di questa Coppa Italia. E qui vorrei seguire i buoni esempi, mutuando dalla vecchia formula delle Final Eight della pallavolo maschile (da qualche anno la pallavolo è tornata alle finali a quattro e l’ultima di Bologna ha registrato il pieno di spettatori, una manifestazione di enorme successo come già le precedenti nonostante come detto in precedenza l’eclissi parziale di questo sport dai radar mediatici. Ma ne avevate dubbi? Io no.). Volendo mantenere il criterio di qualificazione alle finali di Coppa Italia uguale e cioè le prime 8 della classifica al termine del girone d’andata, permettetemi di proporre questa formula:
quarti di finale (2 partite al martedì, 18.15 e 20.30) e due partite al mercoledì (stessi orari) in casa delle 4 migliori qualificate: il martedì si gioca nelle 2 sedi più lontane dalla sede designata per le Final4 del sabato e della domenica con tutto il tempo per le 4 finaliste poi di organizzarsi logisticamente per lo spostamento verso la sede finale (ricordo possibilmente in un impianto adeguato, moderno e magari il più accentrato possibile. Il mio personalissimo ordine sarebbe: Bologna, Forlì, Rimini, Pesaro, Roma, Firenze, Milano. Purtroppo tutti impianti non così ben serviti, comodi, facili da raggiungere o moderni, ma questo è quanto di meglio passa il convento. Ci dobbiamo accontentare per il momento). Così facendo si assicurano 4 pieni per i quarti di finale. Ovviamente incassi e diritti televisivi gestiti dalla Lega per poter anche rimborsare le spese di viaggio delle 4 squadre in trasferta. Magari è difficile avere biglietti per le tifoserie di quest’ultime ma le prime 4 della classifica devono comunque avere un vantaggio. Inoltre in questo modo si avrebbe anche un risparmio sull’affitto dell’impianto per la sede finale ammesso e non concesso che sia quello il vero problema economico alla base del tutto. Eh sì, anche perché un evento nel vero senso della parola, ha grandi costi certamente ma deve avere ricavi decisamente maggiori (per poterne coprire i costi) generati da persone capaci di poter creare valore aggiunto e ritorni economici attorno all’evento stesso.
Insomma, in Spagna è stata una festa del basket a tutto tondo, un trionfo televisivo e di pubblico, una promozione meravigliosa di questo sport, fuori e dentro l’arena, che ha pervaso e tematizzato un’intera città. Da noi è stata una lenta ed inesorabile agonia per tutto il movimento (tranne che per i tifosi di Sassari) in mezzo alla brumosa campagna brianzola.
Ah... dimenticavo: a premiare il Real Madrid vincitore della Copa del Rey è stato Felipe IV, Re di Spagna. A premiare la Dinamo Sassari a Desio c’era Ferdinando Marino. Amen.
@lolloscat


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